mercoledì 23 maggio 2007

La mafia? E' anche... cosa nostra

Questa volta l’interrogatorio lo hanno subìto loro:
i sostituti procuratori della Repubblica di Novara, Ciro Caramore, di Verbania, Fabrizio Argentieri, e Tommaso Di Gaudio, segretario provinciale del Siulp, il principale sindacato degli operatori di polizia. Inquirenti per una sera, i giovani studenti autori dell’indagine su «La presenza mafiosa nel novarese e Vco». Davanti a un centinaio di persone, ospitate dal prestigioso salone della società operaia, i giovani non hanno risparmiato domande dirette agli ospiti. Subito nel vivo Ciro Caramore, chiamato a tracciare un quadro della situazione del nostro territorio riguardo alla tratta di esseri umani, al narcotraffico, ed alla presenza di cosche e di legami con la criminalità internazionale. «Il principale mercato criminale è quello degli stupefacenti. –ha risposto il magistrato- E sono convinto che il secondo, sia proprio la prostituzione e la tratta degli esseri umani. Un fenomeno da sradicare, purtroppo presente in modo virulento anche a livello locale. Sono molte le giovani donne provenienti dai Balcani e dall’Africa, soprattutto dalla Nigeria, che finiscono sulla strada. Quando le vedete, non pensate solo che sporcano, che danno fastidio. –ha esortato Caramore- Ricordate che sono state violentate, torturate, ridotte in schiavitù e costrette sul marciapiede».
Anche in una regione apparentemente così lontana dalla criminalità organizzata,
non sono mancati episodi di estrema gravità: molte le operazioni contro il traffico di ingenti quantitativi di droga ed armi, ma anche estorsioni, attentati, sequestri di persona ed omicidi. Ma, soprattutto, «Mafia e criminalità organizzata qui riciclano –ha ricordato Argentieri- La Svizzera è ad un passo, e ciò fa dell’alto Novarese e del Vco il crocevia dei traffici di droga e di denaro sporco. E' un fenomeno molto serio e preoccupante, soprattutto alla luce delle dinamiche che determinano il comportamento degli istituti bancari in Italia. Un sistema in cui l'autorità giudiziaria si trova priva di efficaci strumenti di contrasto».
I sintomi della situazione, secondo Tommaso Di Gaudio, si leggono anche nel cambiamento del territorio. E cita l’esempio di Borgomanero: «Rispetto a vent’anni fa ha la stessa dimensione, la stessa popolazione, ha perso alcune grandi industrie, ma si sono moltiplicati gli sportelli bancari: oggi se ne contano 24, il primato nazionale. Chiediamoci come fa un territorio che ha ridotto la sua capacità produttiva ad avere così tanto denaro? Sintomi come questo meritano attenzione. Non a caso hanno trovato protezioni in queste zone protagonisti di non poco conto». Primo fra tutti, Balduccio Di Maggio, l’autista di Totò Riina, arrestato proprio a Borgomanero nel 1993.

La mafia, insomma, è anche cosa nostra. E si intravedono ormai «vere e proprie forme di radicamento territoriale». Una presenza che vede talora tra le cause anche «il ruolo esercitato dalla misura di prevenzione personale del soggiorno obbligato». Senza dimenticare la presenza del carcere di massima sicurezza di Novara, che ospita detenuti sottoposti al famigerato articolo 41 bis, la misura del carcere duro ai mafiosi. E’ notizia recente l’arrivo in via Sforzesca di Bernardo Provenzano, che nel supercarcere ha dato il cambio a Raffaele Cutolo. «Presenze –secondo Argentieri- che inevitabilmente di riflesso portano a gravitare sul territorio altri personaggi legati alla criminalità organizzata».

Ecco dunque la necessità, anche all’estremo nord, di «non abbassare mai la guardia». Superando le resistenze di una comunità locale spesso restia a guardare in faccia il problema. Magari semplicemente per non scalfire «quella immagine di legalità che -come si legge nella pubblicazione- è una costante di queste terre».

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«La presenza mafiosa nel novarese e Vco. La verità della Commissione Parlamentare antimafia sulla presenza di cosche nei territori piemontesi».
Questo il titolo del volumetto realizzato da un gruppo di giovani del liceo psicopedagogico e scientifico di Gozzano e Borgomanero, insieme agli animatori della cooperativa «Vedogiovane» e con il sostegno del comune di Gozzano e della Provincia di Novara. Proprio nel 15° anniversario dell’attentato di Capaci, mercoledì 23 maggio, la pubblicazione è stata presentata presso il salone della Società operaia, alla presenza di un folto pubblico, insperatamente sfuggito alle sirene calcistiche. L’esperienza del gruppo di lavoro nasce da una proposta di animazione socio-culturale progettata da «Spazioper», che ha visto i giovani lavorare intorno ai temi della legalità e della partecipazione democratica. Una prima ricerca ha condotto al recupero della memoria di numerosi episodi della Resistenza nelle nostre provincie, ricostruiti e raccolti nel sito www.resistenzanovarese.it. «Dobbiamo ringraziare questi ragazzi –ha commentato Paola Turchelli, vicepresidente ed assessore all’istruzione della Provincia di Novara- per avere restituito un pezzo di storia alla nostra terra ed alla nostra provincia».

Un secondo percorso ha condotto gli studenti ad interrogarsi sulla presenza di organizzazioni
criminali sul territorio. Insieme agli animatori di «Vedogiovane», Rosy Sinicropi e Giovanni Campagnoli, sono stati organizzati colloqui con i rappresentanti delle istituzioni: i sostituti procuratori di Novara e Verbania, Ciro Caramore e Fabrizio Argentieri, il segretario del sindacato di polizia novarese, Tommaso Di Gaudio.
A rafforzare l’esperienza, gli incontri con i giovani dei movimenti antimafia di Puglia e Calabria, e un’indimenticabile partecipazione alla “Giornata della memoria delle vittime di mafia”, organizzata in marzo a Polistena (RC) dall’associazione «Libera». «L’ultima parte del percorso –spiega Rosy Sinicropi- è stata la “ricerca sul campo”, un lavoro durato mesi e che ha fruttato questa pubblicazione. Quattro gli strumenti utilizzati: la Relazione della Commissione parlamentare antimafia, alcune interviste dirette, informazioni raccolte su internet, e la consultazione degli archivi della stampa locale». Il testo finale, realizzato da Alex Didino, Angela Emanuele, Anna Tran Minh, Elisa Casella, Gianmaria Pessina, Jonathan Cuscito, Luca Carai, Luciana Matarrese, Maria Scalia, Martina Deambrogio e Maurizio Polistina, traccia un documentato identikit del fenomeno. Autori ed animatori si dicono consapevoli del duplice valore del loro lavoro: «Il primo, aver aggregato informazioni utili per guardare il nostro territorio con più consapevolezza; il secondo è il “come”. Un gruppo di giovani che si è ritrovato “fuori orario”, senza riguardo a serate, pomeriggi e fine settimana, insieme ad adulti del mondo della scuola e non, contribuendo a realizzare un prodotto importante, non solo per loro stessi, ma per la comunità». «Un esempio di partecipazione e di atto politico, -commenta Giovanni Campagnoli- dove per politica si intende l’arte di occuparsi della propria città». Dai giovani viene dunque un segno di vitalità democratica, proprio nel ricordo di due stragi di mafia in cui -commentò Giancarlo Caselli- «loro sono morti, perché noi non siamo stati abbastanza vivi».